Un omaggio all’arte del femminile (presente dentro ogni donna e ogni uomo) di tessere la vita.
“Sono passato alla storia, eternamente vivo nella memoria di ogni uomo, perché ho attraversato mondi e oceani e regni. Perché sono tornato. La figura lacera di mendicante che riapparve a Itaca, di cui ero il Re, ancora ispira immagini e opere d’arte e pagine di innumerevoli libri. Gli Dei mi permisero di tornare, così come avevano decretato il mio esilio. Sono disceso anche nel regno dei Morti. Eppure sono tornato. Il mare, che pure inghiottì tanti miei compagni, mi risparmiò.
Chi fu a salvarmi? A chi devo la vita? Ad Atena, che mai lasciò cadere nell’oblio la sua promessa? Al vino dolcissimo e forte di Marone? Alla mia astuzia, alla prudenza, all’albero della nave cui scelsi di farmi legare, all’amore di Calipso che pur mi lasciò partire, alla dolce Nausicaa che mi soccorse per condurmi a suo padre? Alla nave dei Feaci? Il mio viaggio fu costellato da avversità e fortuna, morte e rinascita, gioie e terrori. Ho disperato molte volte di poter tornare. Quanto possono durare venti’anni? Ma io so chi mi ha salvato.
Sono state le tue mani fedeli, l’incessante rumore del telaio. E’ stato il continuo ordire delle trame, l’intrecciare di fili che mai hai temuto di slegare, per ricominciare, dal principio, ogni volta. Mentre tu tessevi, con lacrime di rabbia e di amore, molto lontano da te eppure incredibilmente vicino al tuo cuore, io tracciavo venture, cadevo, mi rialzavo, fallivo, combattevo avversi destini, dimenticavo ogni cosa per ricordare tutto attimi di anni dopo, con rinnovata, dolorosa lucidità. Certo, io ho desiderato, e con tutto me stesso, di tornare. Ma ora credo che niente avrebbe potuto – forse nemmeno Atena e la compassione degli dei – se tu non avessi perseverato. Se tu avessi allontanato, anche per un solo istante dal telaio, le tue forti, agili mani.”